venerdì 4 aprile 2008


IL MANIFESTO
Trieste, i portuali ottengono il Protocollo sulla sicurezza
Ore di stop: 96 Dopo tanti scioperi e diversi infortuni, miglior vigilanza e nuova organizzazione
Francesca Longo

Ben 96 ore di sciopero dei lavoratori del porto di Trieste (compatti) e conseguenti 1500 tir con camionisti assistiti dalla protezione civile in zona porto e autoporto di Fernetti, più varie navi in rada, sono serviti a portare ieri mattina alla firma del protocollo sulla sicurezza e a quello sull'organizzazione del lavoro nello scalo giuliano. Comincia così - finalmente - un confronto che dovrà per forza essere operativo e che dovrà concludersi entro il prossimo 16 aprile tra sindacati, operatori portuali, Autorità Portuale, Capitaneria di Porto e Asl. Due gli appuntamenti intermedi che riguardano il comparto «caffè» (il 3 aprile) e il Molo VII (l'8), revoca dello sciopero con possibilità di ripresa in qualunque momento.Protocollo sicurezza: le imprese hanno accettato la presenza di un rappresentante interno, formato dalle medesime, e di tre coordinatori (a rotazione) di sito, pagati dai terminalisti con tassazione delle merci e contributo dell'Ap. Figure previste dal decreto attuativo della legge 123 (Testo unico), approvata ieri. A queste figure verrà data la massima autonomia per segnalare e arginare eventuali situazioni di pericolo, al fine, ricordano i sindacati, di rendere i lavoratori protagonisti della sicurezza. L'Asl s'impegna a provvedere a una presenza stabile all'interno del Porto.Organizzazione del lavoro: ci sarà un censimento dei portuali, con una precisa definizione degli organici di tutte le imprese e terminalisti. Eventuali assunzioni avverranno solo tra lavoratori già impiegati nello scalo e si procederà anche a una definizione e verifica del numero massimo delle imprese. Apertura di un confronto immediato sulla definizione della Tariffa a garanzia dell'applicazione integrale del Contratto di riferimento delle attività portuali, ripristino delle figure professionali eliminate. Per quel che riguarda Adriafer le squadre saranno di 4 operatori, ai traghetti è previsto un lavoratore ogni 12 tir, per le merci varie la squadra minima contempla 4 in stiva, 4 a terra e un mantiere. Manca il «caffè», dove si chiedono due uomini per riempire e svuotare un camion a resa minima 900 sacchi e il Molo VII (15 persone in squadra ). Soddisfatti i sindacati che hanno condotto in modo «atipico» le trattative, non un passo senza il consenso dell'assemblea dei lavoratori.Fischiati e di fatto costretti a rincorrere i portuali sabato scorso, hanno ricucito, correndo tra un tavolo in Prefettura e un'assemblea, il sottilissimo filo di una rappresentanza che oggi si potrebbe definire come «io lavoratore ti do fiducia, non ti dò carta bianca». Hanno portato a casa un risultato, ma il ritardo di mesi e il risveglio seguito all'infortunio gravissimo - in cui un portuale ha perso una gamba e lotta per recuperare almeno l'uso di un braccio - ha messo in luce molti punti di crisi nel rapporto tra delegati e deleganti. Questi ultimi sono coesi quando si tratta di attaccare il sindacato, meno quando l'obiettivo si sposta sull'identificazione della reale controparte. I tempi cambiano e se le «vecchie» generazioni hanno ancora ben precise tecniche, tattiche e strategie e considerano lo sciopero uno strumento per raggiungere un fine e non il fine, qualcuno, tra i giovani (per fortuna non moltissimi, ma dalla voce grossa), si ferma allo sciopero come «evento» e forse ignora che al momento attuale, sebbene passibile di tutte le critiche possibili e immaginabili, non è il sindacato la controparte. Nelle varie assemblee tenute in questi giorni a Trieste questa dicotomia (che probabilmente affonda le sue radici anche in salari e garanzie diverse tra i lavoratori) è emersa in modo plateale. Rischiando d'invalidare i risultati di una lotta che in fondo è solo appena cominciata.

Nessun commento: