venerdì 4 aprile 2008

IL PICCOLO 23-01-08

Lavoro in Porto Entro un mese un protocollo sulla sicurezza

Entro trenta giorni verrà sottoscritto un protocollo d'intesa mirato a stabilire come procedere per la sicurezza sul lavoro nell’ambito del porto. È questa la decisione presa ieri mattina al termine di un incontro che si è tenuto in Prefettura tra i sindacati confederali, il prefetto Giovanni Balsamo, il presidente dell'Autorità portuale Claudio Boniciolli, i rappresentanti delle compagnie datoriali e quelli dell’Azienda sanitaria. Le linee guida del protocollo - come ha spiegato Rosario Gallitelli, segretario provinciale della Fit-Cisl - riguarderanno il censimento dei lavoratori portuali, l'approfondimento dei requisiti e delle conoscenze che i lavoratori devono avere, il controllo periodico del territorio, le sanzioni da comminare alle imprese non a norma con le misure preventive in materia di sicurezza sul lavoro e infine la formazione professionale degli addetti. «Nel corso dell’incontro - ha riferito ancora Gallitelli - è emersa la volontà di creare una Scuola di formazione del lavoratore portuale. Si tratta di una necessità che da tempo è stata rivendicata dal sindacato, e che è già prevista dal piano portuale per ovviare al ricambio dei lavoratori dello scalo, un evento molto spesso traumatico a causa - ha concluso il segreteario provinciale della Fit-Cisl - della scarsa preparazione dei neo-assunti».
IL PICCOLO 24-01-08

Tavolo permanente convocato in Prefettura per un protocollo sulla sicurezza nel Porto

TRIESTE Un gruppo di lavoro per arrivare, in tempi rapidi, alla stesura di un protocollo stringente che regolamenti le attività di verifica per la sicurezza dei lavoratori nel Porto di Trieste. La riunione, indetta lunedì dalla Prefettura a seguito della morte di un camionista bulgaro avvenuta il 10 gennaio scorso nel piazzale del terminal di Riva Traiana, si è rivelata tristemente attuale a causa della morte dei due lavoratori al porto di Marghera mentre lavoravano in una stiva di una nave. La seduta del tavolo permanente al Commissariato di Governo è stata tutt’altro che interlocutoria anche perchè il Prefetto Giovanni Balsamo sembra intenzionato a stringere i tempi per l’approvazione del protocollo presentando proposte concrete e incisive sulla falsa riga di quanto già approvato in altri porti italiani sul tema della sicurezza. Sulla stessa linea i rappresentanti sindacali – Cgil, Cisl e Uil in testa – che hanno espresso la volontà di ricercare un «maggior intreccio di competenze tra Autorità Portuale, Capitaneria di Porto e Azienda sanitaria», spiega Angelo D’Adamo, segretario regionale della Filt-Cgil, i tre soggetti deputati a verificare che tutto il lavoro si svolga secondo le regole all’interno dello scalo. Gli strumenti indicati per raggiungere lo scopo a partire dalla fase di prevenzione attuata dagli stessi lavoratori sono quelli già adottati nei maggiori porti italiani. In particolare la costituzione del S.o.i. (Sistema operativo integrato) di competenza dell’Azienda sanitaria, in modo da assicurare un monitoraggio costante delle attività e degli interventi messi in atto dalle imprese impegnate in Porto. I sindacati mirano inoltre a elevare professionalmente le figure – già esistenti in molte imprese – dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls), in modo che possano avere accesso a tutte le strutture dei terminalisti, un po’ come gli ispettori dell’Autorità Portuale. Allo stato attuale non esiste, e per questo risulta un altro degli obiettivi di cui si discuterà alle prossime riunioni in Prefettura, un coordinamento tra gli stessi Rls e tra Rls e gli altri soggetti incaricati di assicurare il rispetto delle norme di sicurezza. Oggi, di fatto, gli ispettori dell’Autorità Portuale non possono in nessun caso emettere sanzioni in caso di mancato rispetto delle normative sulla sicurezza. Se ravvisano un’irregolarità grave possono anche arrivare a bloccare il lavoro, ma in caso di lievi infrazioni si limitano a raccomandare il rispetto delle regole. «E’ vero - conferma D’Adamo - anche per questo chiediamo un coordinamento tra i soggetti che dovrebbero occuparsi in maniera completa e certa della questione sicurezza». Avere più lavoratori a disposizione per questo tipo di controlli, o addirittura dei presidi permanenti all’interno del Porto come è stato concordato a Napoli e a Genova, si tradurrà in un bisogno di risorse. Da dove potranno essere prese? «Sono le imprese che devono aiutare in questo senso – risponde D’Adamo – è anche ciò che intendiamo quando parliamo di maggior coinvolgimento delle aziende sul tema della sicurezza nel mondo del lavoro». Autorità Portuale, Azienda sanitaria, Capitaneria di Porto, sindacati, rappresentanti degli spedizionieri e della Lega delle Cooperative lavoreranno quindi ad un protocollo d’intesa con l’obiettivo di siglarlo entro trenta giorni. Riccardo Coretti
IL PICCOLO 04-03-08

Morti bianche: anche a Trieste due ore di sciopero in porto

Anche i 1200 lavoratori del porto di Trieste hanno voluto aderire ieri alla manifestazione indetta in tutta Italia per richiamare l’attenzione sulla piaga delle morti bianche. L’hanno fatto proclamando due ore di sciopero alla fine di ogni turno. Una protesta decisa dopo l’ennesimo incidente costato la vita pochi giorni fa ad un operatore del porto di Genova, e con l’intenzione di ribadire ancora una volta la necessità di alzare i livelli di guardia nei cantieri e in tutti i luoghi di lavaro. Proprio la necessità di adottare misure preventive più efficaci e diffondere una reale cultura della sicurezza nel Paese saranno al centro di un incontro indetto per oggi nel palazzo del Governo tra i rappresentanti sindacali e il prefetto Giovanni Balsamo. Il vertice cercherà anche di gettare le basi per la stesura di un protocollo sulla sicurezza da sottoscrivere con tutte le parti in causa.

IL PICCOLO 26-03-08

Porto, va al rallentatore il protocollo sicurezza: di nuovo dal prefetto

VERTICE TRIESTE Si allungano i tempi per la firma del protocollo di sicurezza tra tutti i soggetti che operano nel Porto di Trieste. La prossima settimana è stata convocata dal Prefetto un’altra riunione del gruppo di lavoro che sta preparando la bozza sulla falsariga di quanto già siglato a Genova, Napoli e Ravenna. Le previsioni di chiusura dell’accordo erano ottimistiche riguardo ai tempi perché il Prefetto Giovanni Balsamo aveva già indicato le linee generali lungo le quali muoversi fin dai primi incontri a fine gennaio. Per questo motivo si pensava di poter concludere e firmare entro 30 giorni. Gli strumenti indicati per raggiungere uno standard di sicurezza in linea con le esigenze di uno scalo moderno, a partire dalla fase di prevenzione attuata dagli stessi lavoratori, erano quelli già adottati nei maggiori porti italiani. In particolare la costituzione del S.o.i. (Sistema operativo integrato) di competenza dell’Azienda sanitaria, per assicurare un monitoraggio costante delle attività e degli interventi messi in atto dalle imprese impegnate in Porto. Un altro obiettivo è quello di elevare professionalmente le figure – già esistenti in molte imprese – dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls), in modo che possano avere accesso a tutte le strutture dei terminalisti, un po’ come accade per gli ispettori dell’Autorità Portuale. Allo stato attuale non esiste, e per questo risulta un altro degli obiettivi, un coordinamento tra gli stessi Rls e tra Rls e gli altri soggetti incaricati di assicurare il rispetto delle norme di sicurezza. Avere un maggior numero di lavoratori a disposizione per questo tipo di controlli, o addirittura dei presidi permanenti all’interno del Porto come è stato concordato a Napoli e a Genova, si traduce però nella necessità di reperire di risorse. E proprio su questo punto sembra essersi rallentato l’iter per l’accordo. «Sono le imprese che devono aiutare in questo senso – avevano spiegato i sindacati – è anche ciò che intendiamo quando parliamo di maggior coinvolgimento delle aziende sul tema della sicurezza nel mondo del lavoro». Autorità Portuale, Azienda sanitaria, Capitaneria di Porto, sindacati, rappresentanti degli spedizionieri e della Lega delle Cooperative torneranno a riunirsi nei prossimi giorni. Tempi allungati anche per il contratto integrativo dei lavoratori di Trieste Marine Terminal del Molo VII. Dopo la bocciatura - da parte dell’assemblea dei lavoratori - dell’ accordo raggiunto dai sindacati con Tmt, negli incontri delle scorse settimane sono stati gli stessi lavoratori a ribadire che il corrispettivo economico (un aumento di circa 200 euro lordi al mese, 100 legati alla produttività e 100 alla flessibilità del turno di lavoro) non è sufficiente per quanto richiesto dall’azienda terminalista. «Abbiamo già avuto un incontro con Tmt per riferire le richieste dei lavoratori – ha spiegato Rosario Gallitelli della Fit- Cisl – abbiamo istituito una mini commissione per esaminare le novità dell’orario di lavoro. Non mi sembra una situazione drammatica, vedremo come andrà la trattativa nella prossima riunione fissata per l’8 aprile». Riccardo Coretti

IL MANIFESTO
Trieste, i portuali ottengono il Protocollo sulla sicurezza
Ore di stop: 96 Dopo tanti scioperi e diversi infortuni, miglior vigilanza e nuova organizzazione
Francesca Longo

Ben 96 ore di sciopero dei lavoratori del porto di Trieste (compatti) e conseguenti 1500 tir con camionisti assistiti dalla protezione civile in zona porto e autoporto di Fernetti, più varie navi in rada, sono serviti a portare ieri mattina alla firma del protocollo sulla sicurezza e a quello sull'organizzazione del lavoro nello scalo giuliano. Comincia così - finalmente - un confronto che dovrà per forza essere operativo e che dovrà concludersi entro il prossimo 16 aprile tra sindacati, operatori portuali, Autorità Portuale, Capitaneria di Porto e Asl. Due gli appuntamenti intermedi che riguardano il comparto «caffè» (il 3 aprile) e il Molo VII (l'8), revoca dello sciopero con possibilità di ripresa in qualunque momento.Protocollo sicurezza: le imprese hanno accettato la presenza di un rappresentante interno, formato dalle medesime, e di tre coordinatori (a rotazione) di sito, pagati dai terminalisti con tassazione delle merci e contributo dell'Ap. Figure previste dal decreto attuativo della legge 123 (Testo unico), approvata ieri. A queste figure verrà data la massima autonomia per segnalare e arginare eventuali situazioni di pericolo, al fine, ricordano i sindacati, di rendere i lavoratori protagonisti della sicurezza. L'Asl s'impegna a provvedere a una presenza stabile all'interno del Porto.Organizzazione del lavoro: ci sarà un censimento dei portuali, con una precisa definizione degli organici di tutte le imprese e terminalisti. Eventuali assunzioni avverranno solo tra lavoratori già impiegati nello scalo e si procederà anche a una definizione e verifica del numero massimo delle imprese. Apertura di un confronto immediato sulla definizione della Tariffa a garanzia dell'applicazione integrale del Contratto di riferimento delle attività portuali, ripristino delle figure professionali eliminate. Per quel che riguarda Adriafer le squadre saranno di 4 operatori, ai traghetti è previsto un lavoratore ogni 12 tir, per le merci varie la squadra minima contempla 4 in stiva, 4 a terra e un mantiere. Manca il «caffè», dove si chiedono due uomini per riempire e svuotare un camion a resa minima 900 sacchi e il Molo VII (15 persone in squadra ). Soddisfatti i sindacati che hanno condotto in modo «atipico» le trattative, non un passo senza il consenso dell'assemblea dei lavoratori.Fischiati e di fatto costretti a rincorrere i portuali sabato scorso, hanno ricucito, correndo tra un tavolo in Prefettura e un'assemblea, il sottilissimo filo di una rappresentanza che oggi si potrebbe definire come «io lavoratore ti do fiducia, non ti dò carta bianca». Hanno portato a casa un risultato, ma il ritardo di mesi e il risveglio seguito all'infortunio gravissimo - in cui un portuale ha perso una gamba e lotta per recuperare almeno l'uso di un braccio - ha messo in luce molti punti di crisi nel rapporto tra delegati e deleganti. Questi ultimi sono coesi quando si tratta di attaccare il sindacato, meno quando l'obiettivo si sposta sull'identificazione della reale controparte. I tempi cambiano e se le «vecchie» generazioni hanno ancora ben precise tecniche, tattiche e strategie e considerano lo sciopero uno strumento per raggiungere un fine e non il fine, qualcuno, tra i giovani (per fortuna non moltissimi, ma dalla voce grossa), si ferma allo sciopero come «evento» e forse ignora che al momento attuale, sebbene passibile di tutte le critiche possibili e immaginabili, non è il sindacato la controparte. Nelle varie assemblee tenute in questi giorni a Trieste questa dicotomia (che probabilmente affonda le sue radici anche in salari e garanzie diverse tra i lavoratori) è emersa in modo plateale. Rischiando d'invalidare i risultati di una lotta che in fondo è solo appena cominciata.

IL PICCOLO 02 APRILE 2008

Il bilancio: 4 portacontainer hanno abbandonato l’ormeggio, altre tre hanno puntato direttamente sugli scali vicini

Grande preoccupazione a Trieste Marine Terminal: «I mercati internazionali hanno reagito male. Le compagnie potrebbero cambiare strategia»

Sette navi «fuggite» a Venezia e Capodistria

E tremila Tir attendevano ancora di scendere o salire sui traghetti turchi

Sette portacontainer perdute. È il dato più eclatante, anche se logicamente la salute di qualsiasi uomo non ha prezzo, dei costi pagati per quattro giornate piene di uno sciopero che complessivamente si è esteso su cinque giorni (dalla tarda mattinata di venerdì alla mattina di ieri).
L’umore tra i manager della Trieste Marine Terminal (Tmt) di proprietà al 100 per cento della To Delta di Pierluigi Maneschi che gestisce il Terminal container è nero: quattro navi hanno abbandonato l’ormeggio perché non potevano completare le operazioni di scarico e carico, altre tre si sono indirizzate direttamente su due scali alternativi: Venezia e Capodistria.
Il computo complessivo parla di almeno cinquemila teu volatilizzati proprio nell’anno che doveva sancire il lancio definitivo del Terminal triestino dove del resto sono in corso importanti lavori per il trasferimento su un versante del parco binari e per il revamping di tre gru. Appena nel 2007 Trieste è rientrata nella top ten dei porti italiani con 267 mila teu, ma da giugno conta di viaggiare a una media di 450 mila teu all’anno. «I mercati internazionali hanno accolto molto negativamente la situazione di Trieste - si sente dire al terminal - c’è il rischio che qualche grande compagnia decida di cambiare strategia. Rischiano di finire in fumo quattro anni di lavoro per riportare a un buon livello di competitività il terminal container triestino». Un punto qualificante che rendeva attrattivo il Molo Settimo, come illustrato anche nei convegni e nelle fiere all’estero dal presidente di Tmt, Fabrizio Zerbini era l’operatività del terminal pressoché per tutto l’anno e la quasi totale assenza di scioperi.
L’immediato futuro sembra ancor più preoccupante perché la trattativa sull’organizzazione del lavoro al Molo Settimo, che ingloberà anche la discussione sul contratto integrativo, deve in realtà appena partire nell’incontro fissato per martedì 8 aprile. E da parte imprenditoriale c’è già chi vede nel ripristino dei numeri e delle figure professionali richiesto dai lavoratori il ritorno a un’organizzazione del lavoro che era quella di tre anni fa e del famoso flop della Msc Viviana.
Danni notevoli anche all’autostrada del mare Trieste-Turchia, altra punta di diamante dello scalo triestino. Ieri si sono formate nuovamente lunghe code di Tir e la situazione è giunta ai limiti della pericolosità allorché, avuta notizia della sospensione dello sciopero, molti camionisti hanno acceso i motori dei loro mezzi in attesa al terminal di Fernetti e volevano pressoché contemporaneamente piombare in Riva Traiana. Ieri pomeriggio erano millecinquecento i Tir sparsi tra il porto e il Carso, mentre altri 1.400 attendevano di essere sbarcati dalle navi. Quasi duemila gli autisti in città di cui ancora molte decine ospitate negli alberghi.
«Sono quattro i traghetti su cui si sta in questo momento contemporaneamente operando – ha spiegato ieri pomeriggio Enrico Samer, agente e terminalista – altri tre potranno scaricare domani (ogg, ndr). Contiamo di giungere alla quasi normalità giovedì anche perché non potranno giungere ulteriori traghetti essendo pressoché tutti in queste acque». Tra oggi e domani si capirà quante corse sono andate perse e quanti Tir in meno sono stati movimentati all’interno di un bilancio già messo a dura prova dall’incendio che al largo di Rovigno ha devastato l’Und Adryiatic poi messo fuori linea.
Ma lo sciopero ha paralizzato tutto lo scalo. «L’astensione dal lavoro, protrattasi per 96 ore – hanno commentato ieri i sindacalisti – ha interessato il cento per cento dei lavoratori». E gli stessi portuali ieri hanno precisato che saranno tutti a devolvere una giornata di lavoro per le cure del collega Sandro Paoluzzi rimasto coinvolto nell’incidente di venerdì che ha fatto esplodere la protesta.
s.m.



IL PICCOLO 02 APRILE 2008

Attività ripresa dopo 5 giorni ma gli operai annunciano un altro stop se non ci sarà l’intesa su Molo VII e area caffè

Porto, sciopero sospeso: accordo firmato

Authority, industriali e sindacalisti siglano i protocolli su sicurezza e lavoro

di Silvio Maranzana

Sciopero sospeso nel porto di Trieste al quinto giorno. Dopo che le trattative si sono protratte fino a notte, ieri mattina al termine di un’altra assemblea, i portuali sono tornati a lavorare, tenendo però le pistole puntate: riprenderanno a scioperare se non andranno a buon fine le trattative sui due tavoli rimasti ancora aperti e che riguardano rispettivamente il comparto del caffé e il Molo Settimo. Nel primo caso il confronto avverrà già domani nella sede dell’Associazione spedizionieri, nell’altro al Terminal container martedì prossimo. Entrambe le trattative dovranno però concludersi entro il 16 aprile.
Frattanto, l’accordo che porta la firma anche del presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli e del direttore di Assindustria Paolo Battilana, prevede, perlomeno fino alla conclusione del tavolo di confronto il ripristino di alcune figure professionali oggi mancanti e in particolare il ripristino di quattro operatori nelle squadre di Adriafer, la società che si occupa della movimentazione dei carri ferroviari all’interno dello scalo. Della squadra cui apparteneva Sandro Paoluzzi il giovane portuale rimasto ferito e che ha poi subito la semiamputazione di una gamba, facevano invece parte tre persone.
Franco Gropaiz, presidente di Adriafer, aveva così specificato le funzioni dei tre componenti: «uno sta a bordo del locomotore, un altro provvede all’aggancio e allo sgancio dei vagoni e un terzo osserva le operazioni e segnala via radio eventuali anomalìe». È stato quell’infortunio a innescare la scintilla di uno degli scioperi più lunghi nella storia del porto di Trieste che non ha eguali negli ultimi anni. I danni, come si legge sotto, sono ingenti, la strada per tornare alla normalità tormentata e quella per il recupero d’immagine molto lunga. Ieri erano tremila i camion che attendevano di venir imbarcati o di essere sbarcati e sette sono state le portacontainer complessivamente perdute dal Molo Settimo.
In una conferenza stampa tenutasi in Prefettura subito dopo la firma dei documenti, i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil: Franco Belci, Luciano Bordin e Luca Visentini e i rispettivi rappresentanti di categoria: Angelo D’Adamo, Rosario Gallitelli e Giampiero Fanigliulo, hanno messo in rilievo l’importante risultato raggiunto soprattutto con il Protocollo sulla sicurezza, hanno spiegato di non aver fatto alcun passo senza il consenso dei lavoratori e hanno detto di aver notato svilupparsi tra i portuali dinamiche di solidarietà finora sconosciute.
«Siamo soddisfatti di quanto firmato - ha commentato uno di loro, Giuseppe (Ricky) Castagna della Compagnia portuale che ha partecipato alle trattative - il Protocollo sulla sicurezza è di estremo rilievo per prevenire altri incidenti e già è stato firmato in altri porti importanti quali Genova e Venezia. Ora sarà determinante gestire bene le prossime due trattative per caffé e container, è comprensibile che i rispettivi imprenditori abbiano preteso tavoli separati».
Lo stesso accordo sull’organizzazione del lavoro, prevede un lavoratore per ogni dodici Tir da manovrare sui traghetti, e per le merci varie la squadra minima formata da quattro uomini in stiva, quattro a terra e uno ulteriore a bordo. Verrà fatto anche un censimento dei lavoratori, sarà definito l’organico di tutte le imprese e dei terminalisti, verrà definito e verificato il numero massimo delle imprese portuali. È stato anche fissato che tutte le eventuali assunzioni vengano effettuate tra i lavoratori già impiegati saltuariamente o a termine all’interno dello scalo. Le imprese e i terminalisti dovranno ripristinare le figure professionali eliminate garantendo l’impiego di un numero adeguato di lavoratori per tutte le attività portuali ai fini della sicurezza, riconsiderare i tempi di recupero psicofisico dei lavoratori e confrontarsi con Rsa e sindacati sui carichi di lavoro.
Frattanto, entro 45 giorni, i sindacati organizzeranno l’elezione dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls) che si costituiranno in coordinamento. A disposizione di tre Rls vi sarà un monte ore annuale che consentirà il distacco dal posto di lavoro. Il finanziamento sarà a carico dei datori di lavoro, ma attraverso l’individuazione di una tassa sulle merci. Gli Rls avranno libero accesso a tutte le aree e le zone operative. Particolare che è stato giudicato di rilievo è che, secondo quanto è stato inserito nel Protocollo sulla sicurezza, «i lavoratori segnaleranno agli Rls qualsiasi situazione di pericolo, interrompendo, se necessario, le operazioni e chiedendo l’immediato intervento».
Sullo sciopero in porto hanno emesso ieri una nota le Rdb della federazione trasporti rilevando che «i lavoratori portuali continuano duramente a contestare la politica delle organizzazioni sindacali confederali che si sono dimostrate fin troppo attente agli interessi delle imprese portuali a tutto discapito della sicurezza, dei diritti, della dignità dei lavoratori. Proprio per tale motivo - aggiunge la nota - molte delle deleghe sindacali sono state revocate alle confederazioni sindacali e un rilevante numero di lavoratori ha deciso di aderire e organizzarsi con la Confederazione unitaria di base».

IL PICCOLO 01 APRILE 2008

Operazioni regolari sul traghetto turco dirottato in Slovenia

Capodistria, niente solidarietà «Bisognava siglare un patto»

Il traghetto turco «Un Trieste» che non ha potuto operare in Riva Traiana a causa dello sciopero, ha trovato invece accoglienza nel porto di Capodistria dove ieri sono incominciate le operazioni di carico dei Tir. «Non abbiamo potuto esaudire la richiesta che ci è arrivata dai colleghi sindacalisti di Trieste di non operare su questa nave per esprimere attiva solidarietà - ha commentato Pavel Lokvsek, capo del coordinamento sindacale di Luka Koper - e ciò per vari motivi. Innanzitutto perché nel nostro porto la situazione è evidentemente molto diversa e le clausole sulla sicurezza vengono scrupolosamente rispettate e poi perché per far scattare una solidarietà di questo tipo evidentemente bisognava siglare un patto tra di noi che effettivamente la prevedesse».
«Al contrario proprio da questo episodio - ha rilevato Sebastjan Sjk, responsabile relazioni esterne di Luka Koper - si evince come una sinergìa tra i due porti incominci realmente a funzionare. Quando uno dei due scali si trova in una situazione di emergenza, arriva l’altro a soccorrerlo proprio affinché il traffico non venga perso. E poi - conclude il portavoce dello scalo capodistriano - era impossibile pretendere un’adesione per solidarietà allo sciopero da parte dei nostri dipendenti perché in base alle leggi del nostro Paese le astensioni dal lavoro necessitano di un preavviso molto più ampio alle autorità».
Enrico Samer, agente e terminalista dell’autostrada del mare Trieste-Turchia che nell’ambito dei traghetti ro-ro è la più affollata del Mediterraneo e la terza al mondo, nega però che il dirottamento della «Un Trieste» sia stata la prima di una serie di operazioni tese a utilizzare il porto di Capodistria in caso di difficoltà o di scioperi a Trieste. «Si è trattato di un’iniziativa indispensabile da attuare - afferma - per motivi di sicurezza, per decongestionare in particolare il terminal di Fernetti che si stava riempiendo di Tir in attesa e per concludere le operazioni di scarico del traghetto». Nel momento in cui le attività dello scalo triestino si sono bloccate a seguito dell’incidente, poco dopo mezzogiorno di venerdì, erano rimasti a bordo ancora solamente 39 Tir e si è ritenuto indispensabile concludere nel minor tempo possibile le operazioni di svuotamento della nave.
Per la linea Trieste-Turchia lo sciopero è il secondo evento negativo dopo l’incendio scoppiato al largo di Rovigno a bordo di un altro traghetto, l’«Un Adriyatic» che è rimasto completamente devastato. Cominciano dunque a risentirne anche i dati di traffico anche se una ripresa è prevista già da giugno con l’inserimento in linea di una nave più capiente. Come se non bastasse, un’altra notizia negativa da questo punto di vista è giunta ieri pomeriggio allorché il Bie ha preferito per l’Expo 2015 Milano a Smirne. Da Trieste infatti alcuni traghetti giungono direttamente a Cesme che è il porto di Smirne. Assieme all’Esposizione 2015 sono andati persi anche traffici in più sulla rotta.
s.m.



IL PICCOLO 01 APRILE 2008

La giornata caratterizzata da toni accesi e pesanti critiche ai sindacati durante l’assemblea delle maestranze

La rabbia dei portuali: «Salari bassi e troppi rischi»

Percorsa fino all’ultimo l’ipotesi di continuare la protesta in assenza di garanzie

di Tiziana Carpinelli

Arrabbiati. Perchè le loro paghe sono «scandalosamente basse». Stufi. Perchè gli infortuni continuano a susseguirsi in porto. E delusi. Perchè le loro voci per troppo tempo sono rimaste inascoltate.
Con questa alternanza di stati d’animo, ieri mattina, i portuali di Trieste sono tornati a protestare sotto le finestre di Palazzo del Governo, in piazza Unità d’Italia. Più volte hanno alzato la voce. Si sono lamentati per il salario basso, che li obbliga a estenuanti doppi turni, ma anche per l’aumento del carico di lavoro e la progressiva riduzione degli organici, a tutto scapito della sicurezza. Più tardi, durante l’assemblea indetta nel pomeriggio da sindacati e maestranze per verificare, punto per punto, in una logorante via crucis, l’intesa, si sono di nuovo levati fischi e parole pesanti.
Ormai è chiaro a tutti che il tempo degli accordi, della ragione, della pacata trattativa sono morti. I portuali non chiedono, bensì esigono, maggiori tutele, accompagnate alla garanzia del rispetto dei diritti sul posto di lavoro. Non sono disposti a retrocedere di un millimetro sulla linea tracciata sabato, quando è stato proclamato lo sciopero a oltranza fino alla stipula del Protocollo per la sicurezza. O così o niente: non saranno soddisfatti finchè non avranno portato a casa il risultato. «Quando tiri troppo la corda, si creano per forza queste situazioni - scuote la testa Giorgio Bursich, 51 anni, 30 dei quali passati a lavorare in porto come carellista - La paga è bassissima: io guadagno 1200 euro al mese, ma unicamente perchè ho tanti anni di anzianità alle spalle; i miei colleghi, invece, riscuotono una busta decisamente più leggera della mia. Io, poi, riesco a tirare avanti perchè sono solo...Ma chi ha una famiglia da mantenere, come diamine dovrebbe fare? Ho la schiena a pezzi a causa dell’ernia, come la maggior parte dei miei compagni: questa non è vita».
«Ho un mutuo da pagare e gli alimenti da versare per mia figlia - afferma Alessandro Zerial, 45 anni, da 7 in porto -: percepisco uno stipendio che oscilla tra i mille e i 1300 euro al mese, ma alla fine, ciò che mi resta in tasca, sono 500-600 euro. In cambio, lavoro al rizzaggio dei traghetti, non so cosa voglia dire avere una domenica libera e sgobbo da mattina a sera. Tre mesi fa mi sono pure rotto un polso, inciampando su una catena». «Sedici anni fa ho subito un grave infortunio e me la sono cavata con un taglio di 20 centimetri sulla testa - racconta Giampiero Onor, 47 anni - L’altro giorno, dopo l’ultimo infortunio, il direttore dell’Adriafer ha detto che per fare quel tipo di lavoro il numero ideale di persone da impiegare è di tre unità. Non sono d’accordo: è dal ’79 che sono in porto e per quel che mi risulta, fino a 7 anni fa quell’incarico era eseguito da 5 o 6 persone. Negli ultimi anni, i diritti sono stati svenduti per due lire e questo è l’esito. Una volta la formazione era reale: gli operai anziani seguivano i giovani e li ”addestravano” ora tutta questa esperienza è andata perduta. Si punta solo al ribasso: le imprese cercano di tagliare i costi riducendo gli organici e gli operai si ritrovano coi salari da tempo bloccati, quindi insufficienti a mantenere il potere d’acquisto».
«Prima che andasse in pensione, della sicurezza, si occupava il signor Cesca - ricorda Carlo F., 34 anni, da 10 in porto -: un responsabile molto severo e preciso. Tutto filava liscio. Poi sono iniziati i cambiamenti, i numeri degli organici sono calati e ti trovi a litigare coi turchi per il modo di scaricare la merce, molto rischioso in assenza di personale specificatamente adibito. La mia paga è di 870 euro: per arrotondare sono costretto a lavorare anche di domenica e a fare doppi turni. Per fortuna non ho figli, altrimenti non saprei come sfamarli». «Gli stipendi sono fermi da 8 anni - conclude Bruno D. - e per chi, come me, deve pagare ogni mese un mutuo da 600 euro è dura».

IL PICCOLO 01 APRILE 2008

Lavoratori rigidi sulle loro posizioni: prima il protocollo su sicurezza e organizzazione, poi la fine dello sciopero. Contestato Dipiazza

L’Authority: tutte le richieste stavano per essere esaudite

Porto fermo, sconfessati i sindacalisti

Trattative per l’intera giornata ma a tarda sera l’intesa ancora non c’era. Oggi nuova assemblea

di Silvio Maranzana

Si è conclusa attorno alla mezzanotte un’ulteriore tranche dell’estenuante trattativa per tentare di far ripartire il porto di Trieste, messo in ginocchio da quattro giornate dello sciopero a oltranza proclamato dopo l’infortunio di venerdì. Oggi alle 11 i sindacati hanno convocato un’assemblea per illustrare ai lavoratori le nuove proposte sull’organizzazione del lavoro fatte dai rappresentanti imprenditoriali e dall’Autorità portuale negli incontri di ieri pomeriggio e ieri sera.
Un accordo già raggiunto ieri mattina in Prefettura sui temi delle azioni di prevenzione per la sicurezza e dell’organizzazione del lavoro tra i rappresentanti sindacali, e in particolare Franco Belci segretario provinciale della Cgil, Angelo D’Adamo della Filt-Cgil e Rosario Gallitelli della Fit-Cisl, con il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli e il direttore di Assindustria Paolo Battilana in rappresentanza di tutte le categorie imprenditoriali presenti all’interno dello scalo, è stato stoppato dai lavoratori inferociti in una sorta di assemblea autoconvocata sul tamburo in piazza Unità.
«Questa firma ci consentirà di valorizzare le nostre azioni di lotta - ha detto Belci - mentre tanti, compreso il sindaco, ci hanno chiesto di sospendere lo sciopero». I portuali hanno risposto con ululati: «Troppo sbrigativo», «Dobbiamo parlare tra di noi con calma», «Qui bisogna cambiare cultura: siamo noi i padroni del porto», «Se non vengono accettate tutte le richieste, restiamo fermi».
Per la seconda volta in tre giorni i sindacalisti sono stati esautorati. Non aveva avuto buona accoglienza nemmeno lo stesso sindaco Dipiazza, che in mattinata aveva avvicinato il presidio sotto la Prefettura: «È stato lei a dire in televisione che guadagnamo troppo». Dipiazza ha promesso un incontro nei prossimi giorni.
Per oltre quattro ore in piazza Unità, mentre la trattativa continuava dinanzi al prefetto Giovanni Balsamo, si sono susseguiti volantinaggi, annunci al megafono, movimentati battibecchi. Sullo sfondo, in rada, si potevano vedere un traghetto turco e una portacontainer di Msc, impossibilitati ad attraccare e a operare.
Secondo quanto ha riferito Enrico Samer, agente e terminalista, ieri erano quasi millecinquecento i camion sparsi tra Riva Traiana, i vari piazzali del porto e il terminal di Fernetti in attesa di imbarcarsi, mentre millecento attendevano di essere sbarcati da tre traghetti turchi inoperosi all’ormeggio e altri due bloccati in rada dove stava sopraggiungendo un altro ancora.
Tutti i settori dello scalo sono rimasti paralizzati, dal Molo Settimo, al Terminal petrolifero, al Terminal frutta, con un incalcolabile danno d’immagine per un porto che negli ultimi due anni si autopromuove nelle sedi europee e mondiali, anche pubblicizzando l’aumento delle giornate di operatività prossime alle 365 all’anno. «Tutte le richieste che vengono fatte, o sono già state esaudite con l’assenso unanime di tutte le sigle sindacali o fanno parte del Protocollo sulla sicurezza che sta per essere approvato», ha fatto sapere ieri l’Autorità portuale.
Era quasi notte allorché si è ripreso a discutere sulle misure sull’organizzazione del lavoro rivendicate dai lavoratori, con applicazione immediata, per indurli a sospendere lo sciopero e in particolare l’impegno da parte delle imprese portuali di garantire un numero adeguato di lavoratori per ogni operazione portuale.
«Abbiamo fatto tutto il possibile per venire incontro alle richieste sull’organizzazione del lavoro – ha dichiarato Ampelio Zanzottera, rappresentante degli spedizionieri – anche se il problema sulla sicurezza era già stato risolto, con l’accordo raggiunto in mattinata. Nel pomeriggio e in serata abbiamo preso quegli impegni che si potevano prendere parlando al telefono con gli imprenditori. Modifiche provvisorie sulla movimentazione dei carri ferroviari sono state decise dall’Autorità portuale, ma tutto è demandato a incontri con le singole imprese».
Lapidario il commento del presidente dell’Autorità portuale, Boniciolli: «Auspico che da domani (oggi, ndr) coloro che siederanno al tavolo siano delegati a trattare. Non possiamo andare avanti con continui rinvii alle assemblee dei lavoratori e alle contemporanee verifiche fra gli imprenditori».

IL PICCOLO 31 MARZO 2008

I manifestanti sotto la Prefettura

La denuncia degli operai: «Subiamo ritmi infernali per mille euro al mese»

TESTIMONIANZE
«Siamo marchiati come vecchi guerrieri: ognuno di noi ha il corpo segnato da cicatrici maturate sul campo. Ma giorno dopo giorno torniamo qui, in porto, e continuiamo a combattere. Rischiando anche di morire, come purtroppo è già accaduto a tanti, troppi, nostri compagni». Così Walter Bet, 55 anni, triestino, operaio portuale. In un colpo solo s'è maciullato il femore e la rotula: infortunio sul lavoro. A casa per 25 mesi. «Tredici febbraio 2001 – dice, ricordando la data del giorno in cui, anziché tornare a casa sulle sue gambe, è finito su un'autoambulanza – Mi è andata bene: oggi sono qui a raccontarlo. Non sono più quello di prima, si capisce, i dolori ogni tanto si fanno sentire. Ma altri non sono stati ugualmente fortunati». Il pensiero va a «Pulcino». Così era chiamato dai colleghi Gianluca Fiori, 24 anni, pesatore del Consorzio commessi sovraccarico, morto il 6 giugno 2004 schiacciato da una catasta di tubi di ghisa in Porto vecchio, all'Adriaterminal.
Walter Benci, 38 anni, da 8 portuale: «Ci sono giorni in cui recarsi a lavorare sembra quasi di andare in guerra. Sicurezza: è ciò che chiediamo, un diritto sacrosanto. E un salario dignitoso: la paga base è di 1.048 euro al mese. Come si può tirare avanti così? Più di qualche volta al mese mi tocca restare, perché così mi viene richiesto, per 14 ore di fila in porto». «A causa dei ritmi richiesti dall’attività in porto - spiega Massimiliano Ceccarelli, 32 anni - riesco a vedere poco mia figlia. Quotidianamente ci viene richiesto di indossare casco, giubbotto e scarpe antinfortunistiche: tutti ci adeguiamo con coscienziosità. Ma quando invochiamo la sicurezza, domandando di sospendere l’attività se la bora è a 100 all’ora, c’è qualcuno che ci ascolta?». «Da dieci anni - conclude Diego Niegovan, 52 anni - sono al molo VII e mi occupo della movimentazione dei contenitori. Il lavoro è molto cambiato: si opera al limite della sicurezza e a salari decisamente inadeguati rispetto all’attuale costo della vita».

IL PICCOLO 31 MARZO 2008

Dopo la contestazione dell’altro giorno Cgil, Cisl e Uil replicano ai lavoratori: «Ci scusiamo, la loro risposta è comprensibile»

I sindacati: non abbiamo fatto intese con le aziende

«Gli imprenditori hanno tergiversato troppo. Aiuteremo il giovane ferito e la sua famiglia»

Dopo la contestazione, le precisazioni. E sono lunghe e articolate, quelle dei segretari generali di Cgil, Cisl, Uil, Franco Belci, Luciano Bordin, Luca Visentini a 24 ore dal clamoroso abbandono della «Marittima» da parte delle maestranze del porto, talmente arrabbiate da contestare anche i propri rappresentanti. Che adesso precisano: «La nostra prima preoccupazione – scrivono in una nota congiunta – è per le condizioni del giovane, colpito dall’incidente, al quale esprimiamo la nostra affettuosa solidarietà, che non si fermerà alle parole rituali: ci assumiamo l’impegno di sostenerlo concretamente, non solo in queste ore dolorose, assieme alla sua famiglia. Un incidente così grave è sempre una sconfitta per il Sindacato, qualunque sia la dinamica».
A seguire, le scuse. «E’ doveroso che chi, come noi, riveste responsabilità generali, se ne scusi con tutti i lavoratori. Crediamo che la loro risposta sia comprensibile e che debba costituire un forte stimolo per tutti. La vita umana viene prima di ogni altra cosa: prima del disagio che lo sciopero concretamente ha creato – e che serve a richiamare con forza tutta la città ad un impegno sul tema della sicurezza sul lavoro, che riguarda ciascuno di noi -, e molto prima di ogni possibile “danno di immagine”».
Segue un importante distinguo «Nessuna intesa – si legge nel testo – era stata né è stata raggiunta tra Sindacato e imprenditori. Né sappiamo se essa avrebbe consentito di evitare l’incidente. Tuttavia dobbiamo onestamente riconoscere che la trattativa si è prolungata eccessivamente. C’è una precisa responsabilità in questo degli imprenditori, che hanno accelerato – su forte stimolo del Prefetto – solo di fronte al blocco del Porto. I Segretari delle categorie che rappresentano i lavoratori portuali avevano infatti giudicato il testo che ci era stato sottoposto dall’ Autorità insufficiente rispetto alle nostre proposte. Nel frattempo ne è pervenuto, poco prima dell’incidente, uno addirittura peggiorativo proposto dagli imprenditori». Cercano di capire, infine, Cgil, Cisl e Uil, i motivi della rabbia nei loro confronti. «Forse c’è stato, da parte nostra, qualche difetto di comunicazione nei confronti dei lavoratori ed è giusto accettare le loro critiche. Crediamo però che questa dialettica – che sarebbe assurdo negare – sia alla fine utile per i lavoratori e per il Sindacato: perché non c’è tema come quello della sicurezza rispetto al quale essi sono chiamati ad assumere un ruolo di protagonismo diretto. Si parla infatti di ogni singola persona, della sua dignità e della sua salute, del suo futuro, dei suoi affetti. Speriamo che questo loro protagonismo ci consenta domani di far accettare le nostre proposte e che sia possibile riprendere il lavoro. Se ciò avverrà tutti – e prima di ogni altro gli imprenditori – dovranno capire che sulla sicurezza non ci si può limitare alle parole e quando si passa ai fatti considerarlo un tema come tutti gli altri. E’ questa la lezione – concludono – che i lavoratori del Porto consegnano alla città».

IL PICCOLO 31 MARZO 2008

La decisione presa ieri in Prefettura consentirà di recuperare parcheggi. Altri posti nell’ex scalo Anek e sul canale navigabile

I camion turchi imbarcati a Capodistria

È stata spostata nel porto sloveno la «Un Trieste» per liberare spazi a Fernetti

Continua l’emergenza in porto ma arrivano anche le prime soluzioni. Con la Protezione civile già attiva sul fronte degli aiuti, soprattutto ai camionisti turchi bloccati in Riva Traiana, si trattava ieri soprattutto di liberare spazi per gli altri Tir in arrivo, considerato che l’autoporto di Fernetti è gia pieno. Un’insolita riunione domenicale in Prefettura è coincisa con le prime soluzioni. Come anticipa il terminalista Enrico Samer la «Un Trieste» che aveva ancora 39 rimorchi a bordo è stata dirottata su Capodistria. Nello stesso porto sloveno saranno imbarcati i camion che erano in sosta a Fernetti, liberando così almeno 240 posti.
Altri 300 sono stati reperiti tra l’area vicina all’Arsenale (ex terminal Anek lines, per capirsi) e il canale navigabile. E quanto a crisi del momento ci siamo. Samer però, come gli altri addetti ai lavori, confida in una soluzione della vertenza già in mattinata. «L’emergenza è sotto controllo – commenta – ma non nascondo che il momento è molto delicato. Domani (oggi ndr) già alle 9 ci sarà la riunione in Prefettura cui seguirà attorno alle 11-11.30 quella dei lavoratori. Confido e auspico che la vertenza si risolva, tanto da poter iniziare gli imbarchi già domani pomeriggio. L’attuale situazione è nata da un episodio che, pur grave, non mi sembra tale da far continuare la vertenza a oltranza. Di sicurezza si può discutere anche nei prossimi giorni».
Di idee analoghe si dimostra il direttore dell’Assindustria locale, Paolo Battilana. «Immagino che già domani (oggi ndr) possano esserci delle evoluzioni operative. L’Associazione segue sicuramente con attenzione e preoccupazione quanto avvenuto e proprio per questo speriamo si possa arrivare quanto prima possbile alla firma del protocollo sulla sicurezza. So che gli animi sono esacerbati per quanto è accaduto e potrebbe volerci un po’ di tempo. Ma, ripeto, se ci sono le condizioni, prima si fa l’accordo e meglio è».
Dopo l’incontro in Prefettura di ieri pomeriggio dall’Autorità portuale non sono arrivati commenti. Irraggiungibile per lunghe ore il presidente Claudio Boniciolli, introvabile il segretario generale Martino Conticelli, solamente il responsabile di sicurezza e ambiente dell’Authority Fabio Rizzi, pure presente al summit, concede una battuta: «Nell’incontro in Prefettura abbiamo cercato di dare tutte le risposte che si potevano dare. Se siamo ottimisti? Se esiste il buonsenso bisogna esserlo, credo che tutti in questo momento capiscano come si dibatte attorno a un interesse che è generale».
Sceglie il «no comment», invece, Fabrizio Zerbini, presidente del Trieste Marine terminal che gestisce il Molo VII.
Sul fronte politico si muove infine soprattutto il Pdl, anche se con posizioni decisamente differenziate. Così, ad esempio, se Piero Camber di Forza Italia parla di oggi come di «un termine perentorio per la conclusione del blocco del Porto, perché il danno, sia economico che d’immagine, è già elevatissimo», e menziona «tre navi costrette a deviare verso altri porti dell’Adriatico», Fulvio Sluga di An esprime solidarietà ai lavoratori del Porto di Trieste. «La sicurezza sul posto di lavoro – scrive – è un’emergenza nazionale e non bastano le parole di circostanza: bisogna passare ai fatti». Anche il vicesindaco Paris Lippi sembra di tale idea e afferma infine che «la catena di tragedie sul posto di lavoro – non dimentico quanto accaduto a Fiori anni fa – impone comunque l’adozione di strumenti che permettano di effettuare mirati controlli».
f.b.

IL PICCOLO 31 MARZO 2008

Alcuni dipendenti di una società di trasporto hanno cercato sabato di forzare l’ingresso dello scalo

I camionisti: «Ci sentiamo sequestrati»

«Ci portano da mangiare ma nessuno sa dirci quando tutto questo finirà»

«Sono tre notti che dormo nella cuccetta del mio Tir bloccato dallo sciopero. Ho ancora un po’ di acqua da bere, mi hanno portato qualcosa da mangiare. Non ho però abiti e magliette per cambiarmi e non so dove lavarmi la faccia. Inoltre nessuno mi dice quando questa agitazione finirà ed io potrò mettere in moto il mio Tir».
Un giovane autista tedesco, fasciato da un paio di jeans di pelle nera e con un aquilotto d’argento fissato alla grossa collana che esce dal giubbotto dello stesso colore, racconta le sue vicissitudini di marinaio d’autostrada costretto a una prolungata inattività. «Ero partito giovedì da Essen e venerdì sono arrivato a Trieste. Dovevo scaricare e rientrare. Invece sono qui, sequestrato e senza alcuna notizia».
Il suo slang anglo-deutsch è facilmente comprensibile ma talvolta alle parole subentrano i gesti. «Schlafen» equivale al gesto delle mani giunte poste sotto l’orecchio destro. Wasser, Tir, autobahn, strike. haven, workers, truck.
Il camionista tedesco passeggia davanti all’ingresso del bagno Ausonia con due colleghi turchi, accanto. Anch’essi sono bloccati, anch’essi sono in attesa di notizie. «Ci hanno spiegato che un operaio ha perso una gamba sotto le ruote di un treno e che lo sciopero nasce da questo incidente».
Qualcuno li ha dunque informati e la voce è corsa tra le file di Tir posteggiati sotto il primo sole. I camion hanno le porte dei posti di guida aperte. Dai finestrini sbucano sacchi a pelo e coperte. Altri autisti riuniti sotto la «prua» dei loro mezzi cucinano su fornelli da campeggio improvvisate pietanze. Molti telefonini sono in funzione, le radio sono spente.
Un furgone finestrato targato Trieste con la vistosa scritta «American Western Store» si ferma a qualche metro di distanza dall’ingresso blindato del Porto nuovo. Ne scendono quattro uomini coi baffi e con enormi sporte legate con spago e nastro adesivo. Si guardano attorno e non hanno esitazioni. Si arrampicano facilmente sulla rete metallica alta quattro metri che separa l’area portuale dalla città. Un attimo e sono dall’altra parte coi loro enormi pacchi. Camminano tra i camion bloccati e puntano verso lo scafo del traghetto Und Trieste, fermo alla banchina.
Un marinaio guarda i quattro che si allontanano con le sporte e sorride. Non c’è nessuno, nè in divisa, nè in borghese a controllare cosa sta accadendo in questa terra di nessuno. Sabato scorso, nel pomeriggio, gli autisti di una società di trasporto hanno cercato di forzare lo stesso ingresso. Volevano lavorare, forse non avevano capito la gravità della situazione. Da 29 anni non accadeva in porto un incidente sul lavoro simile a quello di venerdì. Hanno fatto la voce grossa ma sono stati bloccati e allontanati. Ieri era domenica e nessuno ha pensato di presidiare gli ingressi del porto bloccati dallo sciopero. Dall’interno all’esterno non si passa e altrettanto accade nel verso opposto. È però disponibile la rete metallica.
Duecento metri più in là appena percorsa la curva tutto è «normale». Cani che corrono privi del guinzaglio, auto ferme con musica ad alto volume, parcheggi quasi deserti. Di fronte alla piscina terapeutica, davanti all’ingresso della vecchia stazione della Transalpina più di 50 ragazze e ragazzi attendono. Accanto a ognuno grossi pacchi simili a quelli che gli autisti turchi alcuni minuti prima avevano fatto filtrare oltre la rete del porto.
Arriva un furgone, ne escono tre giovani, sfoderano una bilancia. Le donne si mettono in fila e inizia la pesa dei fardelli. Tutti quei pacchi finiscono prima nel furgone, poi in Moldavia. Famiglie, amici, fidanzati, figli. Il furgone compare davanti alla stazione ogni domenica verso le 15-15.30. Arriva da Padova dove altri immigrati moldavi hanno depositato i loro regali da recapitare in patria. È un servizio postale «privato», efficiente e affidabile. Senza pubblicità e senza rumore.
c.e.

IL PICCOLO 31 MARZO 2008

Saturi i piazzali di Fernetti, la polizia stradale ha smistato gli autotreni per scongiurare code chilometriche

Sciopero del porto, si cerca un’intesa

Fermi 1500 Tir. Oggi il vertice sulla sicurezza che potrebbe sbloccare la situazione

Secondo la polizia stradale ieri erano bloccati tra i 1200 e i 1500 Tir. Lo sciopero a tempo indeterminato è stato innescato dalla notizia che un manovratore aveva perso una gamba, amputata sul binario dalle ruote di un vagone attorno al cui gancio stava lavorando. È scattata la protesta per il mancato accordo sulla sicurezza, ma è emerso anche il malessere generalizzato di tutti i lavoratori portuali, in vario modo organizzati. Ditte, cooperative, Compagnia, non fa differenza.
Devono essere ridiscussi, secondo gli scioperanti ma anche per i sindacati, molti punti cardine dell’attuale organizzazione del lavoro che risale a più di dodici anni fa. «La precarietà dei contratti penalizza la sicurezza» è uno degli slogan della prostesta.
Da venerdì scorso non funziona nulla sulla grande piattaforma del Molo Settimo. Non vengono sbarcati o caricati Tir e semirimorchi nemmeno sui traghetti turchi che fanno la spola con Istanbul e devono rispettare precise tabelle di marcia. Anche tutti i cancelli del porto sono chiusi e centinaia e centinaia di camionisti attendono da «sequestrati» che sulle banchine riprenda l’attività.
Una decisione dovrebbe essere assunta questa mattina dall’incontro programmato in Prefettura. Ma i sindacati prima di firmare una qualunque intesa dovranno sottoporla all’approvazione dell’assemblea permanente degli scioperanti che stazioneranno all’esterno del palazzo del Governo. Un «presidio». Come andrà a finire non si sa. «Importante è trovare una soluzione definitiva simile a quella già raggiunta in altri porti del nostro Paese» hanno affermato ieri i sindacalisti.
Uno dei punti nodali della trattativa è rappresentato dal reperimento dei fondi per pagare lo stipendio ai tre rappresentanti dei lavoratori che dovrebbero vigilare sulla sicurezza dello scalo con poteri chiari e definiti. Anche di veto e di blocco. Dovrebbero venir reperiti 150 mila euro. «Qualche centesimo in più sulle operazioni di imbarco e sbarco potrebbe risolvere il problema finanziario», hanno suggerito gli stessi sindacalisti. Ma al momento non è chiaro come le controparti accoglieranno questa proposta.
Trieste intanto sta attendendo con qualche apprensione l’ondata di piena dei Tir che a notte fonda si sono messi in movimento verso il nostro porto dopo la pausa forzata del traffico pesante di ogni fine settimana. Sulle autostrade le difficoltà insorte fin da venerdì scorso per raggiungere gli ingressi del porto di Trieste sono segnalate dalle tabelle luminose ben prima di Venezia. «Onda verde» lancia l’identico allarmato messaggio.
Ma la stessa notizia corre anche sull’onda dei telefoni cellulari e degli apparecchi ricetrasmittenti Cb che equipaggiano molti Tir. Le parole spesso però sono sufficienti a fermare centinaia di mezzi in movimento, pesanti decine di tonnellate, con autisti spazientiti e case di trasporto in affanno coi rispettivi clienti.
La polizia stradale, i carabinieri, i vigili urbani ieri hanno messo punto un piano di emergenza per ricoverare i Tir e i loro autisti in aree predeterminate, sicure e capienti. I piazzali dell’autoporto di Fernetti già ieri a mezzogiorno erano saturi all’85-90 per cento.
Altre motrici turche, tedesche, moldave, erano posteggiate nel piazzale antistante quella che è stata la fabbrica della Manifattura tabacchi. Camion e semirimorchi erano bloccati coi loro conducenti all’interno e all’esterno del Porto nuovo. Altri ancora erano fermi infila sulla sopraelevata interna dello scalo.
La decisione di far imbarcare a Capodistria i camion turchi dovrebbe alleggerire la pressione. Si ipotizza inoltre che più di qualche spedizioniere prima di far mettere in moto i propri mezzi abbia preferito attendere l’esito del vertice di stamani in Prefettura, convocato dal prefetto Giovanni Balsamo. In attesa che nell’incontro venga trovato un accordo tra le parti che permetta il ripristino delle attività.

IL PICCOLO 30 MARZO 2008

La vera emergenza potrebbe verificarsi oggi, mobilitati due mezzi di soccorso da Palmanova

I Tir dirottati da Fernetti a Gorizia

Protezione civile in preallarme per le eventuali code

È scattato il pre-allarme Tir in Porto nuovo e all’Autoporto di Fernetti ieri, in conseguenza dello sciopero dei lavoratori portuali. Niente merci movimentate e il rischio concreto di vedere parecchi autotreni costretti di conseguenza ad attendere in fila. Per questo la Prefettura ha allertato la Protezione civile, chiamata a fare rifornimento di viveri da recapitare ai camionisti. «Due camion sono partiti verso la nostra sala operativa di Palmanova - spiega Piero Giacomelli, uno dei capisquadra del gruppo comunale della Protezione civile - per prelevare bottiglie d’acqua e generi di prima necessità, da portare poi a Trieste. L’emergenza ci è stata segnalata soprattutto a Fernetti». In effetti, nella serata di ieri, i due ingressi del Porto nuovo non presentavano file, nessun problema di ordine pubblico e, specie in zona Campi Elisi, i soli finanzieri in servizio a vigilare nell’area d’accesso. Per il resto, il solito numero di autotreni parcheggiati nelle aree esterne.
«Probabilmente la vera emergenza si avrà oggi. Il recupero di viveri è stato effettuato soprattutto con questa prospettiva», ha aggiunto Giacomelli. Si annuncia, dunque, una domenica molto calda sotto questo punto di vista.
In serata erano circolate anche delle voci di navi dirottate in altri porti, una volta diffusasi la notizia dello sciopero a oltranza deciso a Trieste. Nessuna segnalazione, tuttavia, è arrivata alla sala operativa della Capitaneria di porto.
Probabilmente a contribuire ad alleggerire i possibili problemi di file a Trieste, è stato il supporto dell’autoporto di Sant’Andrea, diventato la valvola di sfogo per lo scalo portuale del capoluogo regionale. I piazzali della stazione confinaria di Sant’Andrea, infatti, hanno accolto duecento e più autotreni che altrimenti sarebbero stati disseminati per le strade della città triestina.
La richiesta di soccorso alla Sdag è arrivata ieri in tarda serata direttamente dalla Prefettura di Trieste. Che ha contattato il direttore Bruno Podbersig, il quale ha immediamente allertato il personale, a cominciare dal responsabile tecnico Ugo Tuni. Il porto era paralizzato dallo sciopero, non si sapeva più dove collocare gli autotreni arrivati con i traghetti. E soprattutto come garantire servizi dignitosi ai camionisti.
Gorizia ha dato la disponibilità ad accogliere 200 autotreni, un numero che è stato quantificato sulla base degli spazi che nei piazzali erano liberi al mattino. Gli autotreni, che dalle 21 sono arrivati alla spicciolata, poi sono stati indirizzati dalle pattuglie della Polstrada nei piazzali nei quali la Sdag nel frattempo aveva provveduto a potenziare l’illuminazione e ad aumentare i servizi.
ma.un.

IL PICCOLO 30 MARZO 2008

Boniciolli: «Un accordo è possibile già domani, resta il danno d’immagine»

Mai l’attività del porto di Trieste era rimasta ferma per tre giorni di seguito, come sta accadendo dopo il terribile incidente di venerdì. Le perdite, in termini economici, andranno stimate nei prossimi giorni. «Sicuramente per noi si tratta di un danno d’immagine - afferma il presidente dell’Autorità portuale, Claudio Boniciolli - mentre per il resto vedremo. Al momento, non è possibile quantificare nulla».
Quanto alla firma sul Protocollo d’intesa, Boniciolli spiega che «se tutto procederà come credo, ritengo si possa trovare l’accordo già lunedì (domani, ndr». Con un giorno d’anticipo, dunque, rispetto all’approvazione del decreto legislativo relativo alla sicurezza sul lavoro da parte del governo, prevista per martedì. «Ovviamente nel protocollo si farà riferimento ai contenuti del decreto - aggiunge il numero uno dell’Authority -. Ma l’intesa era già stata raggiunta, poi quanto successo venerdì, di cui peraltro non si conosce ancora la dinamica esatta, ha innescato una tensione comprensibile». Una situazione che, secondo Boniciolli, ha messo in risalto anche uno specifico disagio: «Il testo, come ho detto, era pronto ma ritengo vi sia stato qualche difetto di comunicazione fra sindacati e lavoratori, visto come sono andate le cose ieri mattina».
«Dovevamo firmare l’intesa la prossima settimana. Quanto accaduto, però, ha impresso un’improvvisa accelerazione al tutto». Così Marino Conticelli, segretario generale dell’Autorità portuale. «I punti inseriti nella bozza di protocollo - dice ancora Conticelli - sono attinenti al decreto del governo. Restavano delle limature da fare, ma adesso la situazione si è fatta più pesante e tutto si potrebbe concludere con la firma molto rapidamente».
Facendo un passo indietro, il segretario generale dell’Authority ritorna sull’incidente di venerdì: «Quanto accaduto era imprevedibile. Si trattava comunque di un’operazione che si fa normalmente, dentro il porto come anche al di fuori. Inoltre, mi hanno riferito che la persona rimasta coinvolta è un lavoratore esperto».

IL PICCOLO 30 MARZO 2008

Rimane sotto osservazione il giovane che ha perso una gamba

Restano sotto osservazione le condizioni di Sandro Paoluzzi, il giovane portuale ricoverato nel reparto di rianimazione di Cattinara a seguito del grave infortunio avvenuto venerdì al Punto franco nuovo.
Il trentenne ha subito l’amputazione parziale della gamba sinistra e rischia di perdere anche l’uso di un braccio, interessato da cinque fratture scomposte. Fino in serata le condizioni cliniche del portuale sono apparse stabili.
Al suo capezzale si sono alternati ieri la moglie, la figlioletta di 3 anni e i familiari.
L’infortunio è avvenuto attorno a mezzogiorno: Paoluzzi si trovava impegnato, assieme ad altri due colleghi, nelle operazioni di manovra di un locomotore all’interno del piazzale ferroviario vicino al varco IV. Una manovra che l’uomo, addetto «agganciatore» da sei anni, conosceva bene. Ma qualcosa non è andato per il verso giusto e, nell’eseguire la procedura di aggancio e sgancio dei vagoni, l’uomo è finito a terra, rimanendo incastrato sotto le ruote.

IL MANIFESTO 30 marzo 2008

Grave incidente a un operaio al porto di Trieste
Un vagone trancia la gamba e tritura un braccio a un portuale di trent'anniLa protesta Assemblea e blocco delle attività, appuntamento per i lavoratori lunedì alle 9 davanti alla Prefettura
Francesca Longo

Sandro Paoluzzi, portuale di 30 anni, socio della Compagnia portuale, da sei anni «agganciatore», è rimasto vittima venerdì mattina di un incidente sul lavoro all'interno dello scalo ferroviario del Porto di Trieste.Aveva appena dato le dimissioni e martedì avrebbe preso servizio in un'altra azienda del Porto. Un vagone gli ha parzialmente amputato la gamba sinistra e triturato un braccio. E' in terapia intensiva all'Ospedale di Cattinara: quando si risveglierà saprà di avere una gamba di meno. I colleghi, prima ancora dell'Ap, hanno immediatamente bloccato il lavoro, con la solidarietà dei ferrovieri che, in virtù delle privatizzazioni, operano nella stessa area, ma sotto diversi gestori.Ieri mattina assemblea. Una delle più brevi assemblee della storia delle assemblee. E' stato lasciato il tempo (dieci minuti) ai sindacati di ricordare l'iter dell'accordo sul Protocollo d'intesa sulla sicurezza che, simile a quello già siglato a Genova, Napoli, Ravenna e Venezia, vuole la presenza di un referente alla sicurezza per ogni azienda (e uno per le piccole cooperative raggruppate) e tre rappresentanti a rotazione sempre presenti in porto.Accordo che, da metà gennaio, prevede o meglio dire prevedeva un ennesimo incontro per il prossimo mercoledì.Non piace agli operatori l'idea di distaccare lavoratori interni, formarli. Ma i sindacati non hanno il tempo di finire la loro «riflessione» che sono costretti a telefonare al Prefetto, dottor Giovanni Balsamo, perché i portuali triestini sono già davanti alla Prefettura. Circa duecento, pacifici, ma per nulla di buon umore.«Non abbiamo niente da dire, solo una carta da firmare. Anche subito». Il Prefetto riceve una delegazione di lavoratori e si attiva subito per tentare di strappare al week end anche gli altri referenti portuali e istituzionali. Riesce ad ottenere l'anticipo dell'incontro alle 11 di lunedì prossimo e, ricordando che martedì il Consiglio dei Ministri dovrebbe approvare il decreto attuativo della legge 123 che prevede l'introduzione dei responsabili della sicurezza di sito, rendendole figure indispensabili a norma di legge, s'impegna ad apporre le modifiche al Protocollo proposte dagli stessi lavoratori presenti e, a ruota, dal sindacato.La partita si chiude con il blocco di tutte le attività portuali fino alla firma del Protocollo. Appuntamento per i lavoratori lunedì alle 9 davanti alla Prefettura.I sindacati approvano. Nel pomeriggio i lavoratori ritornano in Prefettura per rifiutare una preintesa e ripresentare il loro documento lunedì. Appaiono tutti operatori e istituzioni, ma il nullo di fatto conclude la cronaca della giornata.Forte è la partecipazione emotiva dei più giovani. «Mi immagino di risvegliarmi al mattino con una gamba e un braccio di meno e cinquant'anni di vita davanti. E penso che allora è meglio morire. Ma non voglio morire per il lavoro». Proprio venerdì mattina il presidente Napolitano, dalle stesse stanze della Prefettura di Trieste, ha tuonato contro le morti sul lavoro. E i più esperti riassumono quanto è successo a Trieste (un porto dove non esiste astanteria e nemmeno ambulanze, impossibilitate a entrare dal traffico dei Tir). «Sono riuscito a movimentare diciassette volte lo stesso container vuoto. Fa numero e profitto. Però la squadra di Paoluzzi una volta era composta da quattro persone e oggi da tre. Perché qui si razionalizzano numeri e non persone e le persone sono numeri. In questi ultimi dieci anni hanno distrutto il porto. La nuova presidenza cerca di rilanciarlo. Se si parte dalla sicurezza è un buon inizio».



IL PICCOLO 30 MARZO 2008

La decisione al termine di un’infuocata assemblea sull’incidente di venerdì. Accuse rivolte anche ai rappresentanti dei sindacati

Il Porto si ferma: sciopero a oltranza

I lavoratori chiedono un protocollo d’intesa sulla sicurezza, il prefetto media


di Tiziana Carpinelli
Il Porto si ferma. Sospesa ogni attività almeno fino a domani, ma lo sciopero può proseguire a oltranza. Dopo l’incidente che l’altro giorno è costato la perdita di una gamba al portuale Sandro Paoluzzi, i lavoratori del Porto hanno proclamato l’astensione totale dalle attività fino a quando non verrà siglato il Protocollo d'intesa sulla sicurezza.
L’assemblea convocata ieri con urgenza alla Stazione marittima dai sindacati si è conclusa, tra fischi e proteste, dopo meno di venti minuti. I portuali hanno infatti voltato le spalle ai rappresentanti di categoria e si sono diretti in massa verso piazza Unità d’Italia, alla volta del Palazzo del Governo, dove hanno inscenato una manifestazione-lampo e chiesto un incontro col prefetto Giovanni Balsamo, che li ha immediatamente ricevuti in delegazione.
Il blitz, appoggiato anche dai sindacati, va inquadrato nel clima di profondo turbamento venutosi a creare dopo l’incidente di venerdì. Alla Marittima, ieri, sono volate parole pesanti: i sindacati sono stati accusati dai portuali di non fare abbastanza, mentre la critica più feroce si è scagliata verso il mondo dell’imprenditoria, ritenuto dai lavoratori «responsabile di non tutelare fino in fondo la salute dei dipendenti».
Sul tavolo del prefetto è dunque finita la necessità di arrivare subito alla sigla del Protocollo d'intesa sulla sicurezza: un documento già firmato in altri scali, come quella di Genova, Venezia e Napoli, e per il quale le trattative risultano in fase avanzata. I portuali hanno strappato al prefetto Balsamo - che in qualità di mediatore ha ribadito la necessità di adottare il protocollo - l’anticipazione a domani, lunedì, dell’incontro tra le parti, in origine fissato per mercoledì.
«Esamineremo - ha affermato il segretario provinciale della Fit-Cisl Rosario Gallitelli - la bozza di protocollo, che sarà portata all'evidenza dei lavoratori prima della firma. Attualmente non ci sono le condizioni per ripartire, né dal punto di vista della sicurezza né della riorganizzazione del lavoro e delle regole».
Al centro del braccio di ferro tra lavoratori, sindacati, Autorità portuale e imprenditori, due punti in particolare: l’istituzione di un presidio sanitario, corredato da autoambulanza, all’interno dello scalo e la costituzione dei cosiddetti Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls) di sito. Figure deputate a funzioni di controllo dell’intera area portuale per la denuncia di eventuali situazioni a rischio, sotto il profilo della tutela della salute del dipendente.
«I sindacati - ha sostenuto Angelo D’Adamo (Filt-Cgil) - chiedono che i Rls di sito vengano inseriti nello scalo in numero di tre unità, eletti tra i Rls aziendali, e che si occupino in via esclusiva e a tempo pieno delle mansioni relative al controllo della sicurezza, coordinamento degli altri Rls e relazione con le istituzioni. Il costo della loro formazione e retribuzione deve gravare in toto sull’imprenditoria, come a Venezia».
«Martedì - ha riferito il prefetto ai lavoratori - il decreto attuativo varato dalla XI commissione del Senato verrà deliberato dal Consiglio dei ministri, fornendo così la necessaria cornice normativa ai Rls. Ora qui si tratta di calare la legge nella pratica, ma lo ritengo comunque un tassello importante. Il Protocollo recepisce tutte le questioni sollevate nel corso dei nostri tavoli e, alla luce anche del dialogo avuto con il Presidente Napolitano, nonché dell’ultimo infortunio, ribadisco la necessità di arrivare quanto prima alla sigla del documento. Da parte mia - così Balsamo - assicuro il massimo impegno e la disponibilità ad anticipare il tavolo a lunedì, dopo aver cercato di attivare subito i contatti con le parti».
Nel pomeriggio nuovo incontro, anche con l’Autorità portuale, per la sigla di una pre-intesa, rifiutata dai sindacati. Se ne riparla domani.

IL PICCOLO 29-03-08

«Lui è uno preciso, ma il problema resta la scarsa sicurezza»


I COLLEGHI «Ecco cosa succede a lavorare in questa ”giungla”. Non abbiamo garanzie e siamo costretti a operare con poco personale e con i camion che ci sfrecciano accanto». L’infortunio avvenuto sul piazzale ferroviario alla radice del Molo VII accende la rabbia dei lavoratori portuali, riuniti in piccoli gruppetti davanti all’ingresso della locanda del Porto Nuovo. Tutti lì conoscono Sandro Paoluzzi e, anche a distanza di ore dall’incidente, faticano ad accettare che lui, giovane e padre di una bimba di tre anni e con tutta la vita davanti, abbia potuto perdere una gamba e rischiare addirittura la vita. «Sandro è uno in gamba - commenta un operaio addetto alla movimentazione dei container -. Lavora in porto da anni e non ha mai fatto sciocchezze. È una persona precisa, che sa il fatto suo. Quelle manovre sul piazzale le faceva a occhi chiusi, tanto erano ripetitive e semplici per lui. Non sappiamo cosa possa essergli successo - continua - ma certo è che basta darsi un’occhiata qui intorno per capire quanto siano insufficienti le dotazioni di sicurezza». «Di recente hanno anche ridotto il numero degli addetti - interviene un altro portuale -. E questi poi sono i risultati. Ovvio, chi viene a lavorare in porto conosce i rischi ai quali può andare incontro. Non siamo di certo farmacisti. Ma è naturale che, senza le misure necessarie, i rischi aumentano». «Qui ci conosciamo tutti - aggiunge un collega di Paoluzzi -. È come se abitassimo nello stesso, grande condominio e fossimo tanti vicini di casa. Per me poi Sandro è più di un amico, direi quasi uno di famiglia. Facciamo sempre i pranzi di Natale e le feste di Capodanno assieme. Com’è come persona? Uno tranquillo, un ”mulòn” insomma. Uno che al suo lavoro ci tiene e lo fa con serietà e impegno. Di certo uno che non meritava a trent’anni di trovarsi con una gamba amputata». m.r.

IL PICCOLO 29-03-08

I sindacati: «Nessuno ricorda un episodio tanto grave nel piazzale ferroviario»
Proclamato subito un giorno di sciopero in porto

Sciopero di ventiquattr’ore e assemblea straordinaria di tutti i lavoratori portuali. Sono le misure decise dai sindacati subito dopo l’arrivo della notizia del tragico incidente avvenuto ieri mattina. «Un incidente peraltro anomalo - osserva Angelo D’Adamo della Fit- Cgil -. Ho parlato con diversi altri operatori e nessuno ricorda a memoria un fatto tanto tragico all’interno del piazzale ferroviario. Gli inforttuni, infatti, si verificano più frequentemente in banchina. In questo caso alla base dell’episodio non sembrano esserci negligenze particolari, anche perché il ragazzo, che stava per diventare dipendente di Adriafer, era già formato e non è stato mandato allo sbaraglio. Al di là delle cause, comunque, quanto successo ribadisce la necessità di tenere alta la guardia all’interno dello scalo, dove esiste un generale problema di sicurezza. E, inevitabilmente, imprime un’accelerazione ai lavori del tavolo tecnico attivato in prefettura proprio su questo tema. Il prossimo incontro è fissato per martedì». «Per noi quell’incontro è anche l’ultimo», aggiunge Rosario Gallitelli della Filt-Cisl: «O si trova l’accordo o il tavolo salta, e le imprese portuali si assumeranno le loro responsabilità. L’episodio di ieri dimostra che le nostre richieste avevano un senso. Negli scali italiani infortuni simili si verifichino ormai con cadenza mensile. Una situazione che non è più possibile accettare, ne va della vita delle persone. È arrivato quindi il momento di ripensare l’intero meccanismo che - conclude Gallitelli - evidentemente non funziona più». Proprio per illustrare queste ragioni e ribadire l’impegno a difesa della sicurezza all’interno dello scalo, i sindacati hanno indetto per questa mattina alle 10 nella sede del Cral della Stazione marittima un’assemblea aperta a tutti i portuali triestini. Portuali che sospenderanno l’agitazione e faranno ripartire l’attività dello scalo soltanto alle 13. Solidarietà ai lavoratori, intanto, arriva dal candidato alle regionali per la Sinistra Arcobaleno, Igor Kocijancic. «Nella nostra città c’è chi continua a lavorare pericolosamente, in condizioni di assoluta insicurezza - osserva il consigliere regionale uscente -. Paradossalmente, mentre la maggior parte dei triestini auspica un forte rilancio del porto, i portuali continuano a rimanere soli, schiacciati dalle dichiarazioni pubbliche di chi predica flessibilità del mondo del lavoro e tariffe concorrenziali. In confronto agli ultimi episodi di Genova è andata bene: a Trieste stavolta non è morto nessuno, anche se un lavoratore ha perso la gamba finendo sotto un treno». Sulla stessa linea il commento di Giuliana Zagabria, candidata sempre con la Sinistra Arcobaleno. «Sulla sicurezza nei posti di lavoro non c’è mediazione possibile. È necessario intervenire con fermezza per dare garanzie di sicurezza e dignità. Non è più accettabile, infatti, constatare come il lavoro, oggi, sia sempre più a rischio. E, a maggior ragione, non si possono accettare le opposizioni di Confindustria sul pacchetto sicurezza». m.r.

IL PICCOLO 29-03-08
Rischia anche l’amputazione di un braccio. Aveva appena firmato la lettera di dimissioni
Giovane portuale perde una gamba sotto il treno

di Maddalena Rebecca È rimasto schiacciato tra i binari e le ruote di un convoglio ferroviario in manovra all’interno del Punto franco nuovo. Vittima del gravissimo infortunio sul lavoro un portuale di 30 anni, Sandro Paoluzzi, ora ricoverato in prognosi riservata a Cattinara nel reparto di terapia intensiva. Il giovane ha già subìto l’amputazione parziale della gamba sinistra e rischia di perdere anche l’uso di un braccio, interessato da cinque rotture scomposte. Il grave incidente è avvenuto ieri mattina attorno a mezzogiorno, a poche ore di distanza quindi dall’intervento del Presidente della Repubblica Napolitano che, parlando davanti agli operai del cantiere della Grande viabilità, aveva ricordato la piaga delle morti bianche, assicurando un forte impegno per «spezzare la catena di morti sul lavoro». Sandro Paoluzzi era impegnato assieme ad altri due colleghi nelle operazioni di manovra di un locomotore all’interno del piazzale ferroviario vivino al varco IV. Una manovra che il trentenne, socio della Compagnia portuale e in servizio allo scalo giuliano come «agganciatore» da più di sei anni, aveva ripetuto decine, se non centinaia di volte. Eppure, nonostante la lunga esperienza e la specifica formazione, ieri qualcosa è andato storto. Al momento di eseguire le operazioni di aggancio e sgancio dei vagoni, infatti, l’uomo è finito a terra rimanendo incastrato sotto le ruote. Una disgrazia apparentemente inspiegabile, che ha lasciato senza parole gli altri lavoratori portuali, immediatamente scesi in sciopero in segno di solidarietà. Sotto choc in particolare gli altri due componenti della squadra del giovane infortunato, rispettivamente il manovratore e il locomotorista, scoppiati dopo l’incidente in un pianto disperato. Secondo le prime e ancora parziali ricostruzioni dell’incidente, a tradire Paoluzzi sarebbe stata la retromarcia ingranata dal locomotore. Forse il trentenne non si è accorto del movimento del convoglio e, al suo passaggio, non è riuscito ad allontanarsi per tempo dai binari. A far piena chiarezza sulla dinamica, comunque, saranno gli accertamenti degli esperti dell’Azienda per i servizi sanitari, per la precisione la coordinatrice della sicurezza in porto e un tecnico del Dipartimento di prevenzione, intervenuti sul posto assieme ai sanitari del 118, al personale della Capinateria e agli agenti della polizia. Poche ore prima di subire il grave infortunio aveva firmato la lettera di dimissioni dalla Compagnia Portuale. Martedì prossimo, infatti, sarebbe stato ufficialmente assunto da Adriafer, la società che si occupa della gestione del sistema ferroviario all’interno dello scalo. Società che, d’accordo con l’Autorità portuale, ha deciso nel primo pomeriggio di confermare in ogni caso l’assunzione: nonostante la gamba amputata, quindi, Paoluzzi diventerà a tutti gli effetti dipendente di Adriafer, naturalmente non più come operativo ma con mansioni di tipo amministrativo. Una decisione dettata dalla volontà di non abbandonare il lavoratore e la sua famiglia, già provati dalla tragica fatalità. «È davvero difficile riuscire a dare una spiegazione a quanto successo - commenta il presidente Franco Gropaiz -. Quella che stava eseguendo il portuale rimasto ferito era una normalissima manovra in piazzale. Una manovra che non presentava alcun rischio per chi, come lui, lavorava già da tempo in porto. Possiamo quindi soltanto parlare di disgrazia, anche perchè nel parco ferroviario la sicurezza è tenuta assolutamante sotto controllo. Ogni squadra è composta da tre persone: una a bordo del locomotore, un’altra che provvede all’aggancio e sgancio dei vagaoni, e una terza che osserva le operazioni e segnala via radio eventuali anomalie. Il numero giusto per eseguire correttamente le manovre».

28 marzo 2008


INCIDENTI LAVORO: GRAVE OPERAIO IN PORTO TRIESTE (ANSA) - TRIESTE, 28 MAR - Un operaio di circa 30 anni, di cui non si conoscono ancora le generalità, è rimasto gravemente ferito in un incidente sul lavoro avvenuto nel Porto di Trieste intorno alle 12. A quanto si è appreso finora, l'uomo era impegnato nelle attività di manovra di un locomotore quando è avvenuto l'incidente che gli ha procurato un grave trauma ad una gamba, a causa del quale potrebbe essere necessaria l'amputazione. L'uomo ha riportato ferite anche ad un braccio ed è stato trasportato all'Ospedale di Cattinara. (ANSA). KXH-YT7 28-MAR-08 14:02 NNN FINE DISPACCIO